Ho cercato di radunare per categorie gli aspiranti ospiti della Locanda, in base ai quesiti che mi pongono telefonicamente. Ecco un florilegio delle domande tipiche, con le tipizzazioni dei chiamanti. Tutti i quesiti sono veri. E come sempre, ogni riferimento a persone realmente esistenti è del tutto casuale!
Il disorientato
"Scusi, quanto ci vuole per arrivare alla Locanda?"
[Magari, se mi dice anche da dove parte, potrei pure cercare di rispondere.] "Beh, dipende, da dove parte?"
"Da Ponte sul Lago."
[Come se sapessi a memoria le coordinate geografiche di tutti i paesini minuscoli d'Italia, nonché i loro collegamenti con strade - autostrade - ferrovie - incroci con semaforo – rotatorie...]
Il curioso
"Scusi, noi vorremmo venire a trovarvi, la vostra Locanda sembra tanto bella, però mia moglie vorrebbe sapere: chi c'è, oltre a noi?" [Mi domando se fanno questa domanda in tutti gli alberghi dove prenotano.]
"Non posso darle informazioni sugli altri ospiti, mi capisce. Anche se le dicessi i nomi di chi ha prenotato, poi, ci sono alte probabilità che voi non li conosciate, dunque sarebbe inutile, le pare?"
"No, che c'entra, non voglio mica sapere i nomi! Soltanto, ecco, che età hanno, da dove vengono, se sono single o coppie..."
[E certo. Perché io, quando ricevo una prenotazione, dovrei anche fare alcune domande, tipo: quanto è alto? biondo? bruno? si depila? e con chi viene? la sua compagna, sua moglie, la sua fidanzata, un'amica? è una coppia omosessuale? siete regolarmente sposati? E la sua moglie / compagna / amica, com’è? alta, bassa, bruna, bionda ecc.]
L’ecologista
"Si può venire senza mezzo privato? Non ho la macchina."
"No, mi dispiace, siamo in mezzo alla campagna, non siamo serviti dai mezzi pubblici, purtroppo."
"Ma se vengo in treno?"
"Rimane alla stazione di Livorno, perché non ci sono mezzi che arrivino qui. Mi dispiace."
"Ma se arrivo alla stazione di Pisa?"
"Ancora peggio, le dico. Non ci si arriva. Guardi che non è nel mio interesse scoraggiarla, lo dico per lei."
"Ma arrivando in aereo?"
"Non abbiamo una pista aeroportuale in giardino, l'aeroporto più vicino è Pisa, dunque sempre troppo lontano per raggiungerci a piedi."
[Continuate voi: l'interlocutore può tirare in ballo l'elicottero, il monopattino, il canotto...]
Il viaggiatore tenace
“E il mare quanto dista?”
“Circa 11 km.”
“Quindi non è vicino.”
“Né vicino né lontano, direi, dista esattamente 11 km.”
“Quindi non ci posso andare a piedi.”
“No, è meglio che prenda la macchina.”
“Perché è lontano, eh?”
“Come le dicevo, 11 km.”
“E quindi a piedi non ci vado.”
“Beh, che vuole che le dica, se è un buon camminatore in un paio d’ore ci arriva.”
“Ah, ecco, quindi ci si arriva a piedi.”
[Volendo, vorrei dire, si arriva a piedi dappertutto, anche al Polo nord. Tutto dipende da che cosa si vuol fare…]
Il nudista oltranzista
“E quindi posso stare sempre nudo?”
“Se vuole, certamente.”
“Ma anche voi state sempre nudi?”
“No, sempre no. Dipende.”
“E a che ora state nudi?”
[Vorrei rispondere che il nostro non è un albergo a ore, ma mi contengo.] “Non c’è un orario, dipende da che cosa abbiamo da fare.”
“E quando arrivo, la trovo nuda?”
[Qui di solito stacco la conversazione. Ma vorrei rispondere che sì, l’usanza della Locanda in effetti è quella di correre incontro ai nuovi arrivati, completamente nudi, abbracciandoli vigorosamente e spogliandoli immediatamente, e che solo l’emergenza Covid, quest’anno, ci ha fatto sospendere momentaneamente questa gloriosa
tradizione.]
Se vi siete riconosciuti in una di queste tipologie, non vi preoccupate. Abbiamo accolto, negli anni, decine e decine di ospiti come voi, che si sono trovati benissimo!
giovedì 22 luglio 2021
Il grande quiz della Locandiera
lunedì 24 maggio 2021
Una leggenda vichinga
Da due giorni, l'ospite norvegese - un ragazzone alto, ovviamente biondissimo, ovviamente bruciato dal sole e ovviamente con gli occhi chiari - chiede a colazione un caffè americano. Da due giorni, però, guarda con desiderio il caffè normale, fatto con la moka, che servo agli altri ospiti.
Il terzo giorno, supera la timidezza e mi chiede un caffè "italiano", che gli preparo ben volentieri. Gli si apre un mondo: di sapori, di profumi, di piacere... Non so, fatto sta che, fulminato sulla via di Damasco, Eric (o Svan, o che so io), decide di prendere, d'ora in avanti, esclusivamente caffè espresso.Anzi. Il quarto giorno, avendo una camera con angolo cottura, si determina a imparare a fare il caffè, così da poterselo preparare quando meglio crede. Mi domanda quindi come si fa. Gli illustro volentieri la procedura, brandendo una caffettiera smontata: l'acqua si mette fin qui, il caffè si mette qui, poi si avvita così, e poi si aspetta che il caffè esca. Soddisfatto, Eric va subito in camera per prepararsi la meravigliosa bevanda.
Arriva un quarto d'ora dopo, desolato, porgendomi la caffettiera che era in dotazione nella sua camera. "Non funziona", mi comunica.
"Mi dispiace, - dico - gli ospiti precedenti non mi avevano segnalato nulla. Le dò subito una delle mie caffettiere. Ecco."
Ma Eric ricompare, dopo un'altra mezz'ora. Il suo volto tradisce lo sconforto. "Nemmeno questa funziona."
"Ah, no, non è possibile, di questa sono certa. L'ho usata un'ora fa per colazione. Funziona perfettamente."
"Eppure, il caffè non è uscito." La delusione è palese. Il volto è quello di chi sospetta un complotto ai suoi danni.
"Vediamo. Ha messo l'acqua?"
"Sì."
"Ha messo il caffè? Ha chiuso la caffettiera? Ha avvitato forte?"
"Sì". E' quasi offeso che gli faccia queste domande.
"E poi, ha acceso il fornello?"
Eric mi guarda meravigliato. "No. Lei non mi ha detto niente riguardo al fornello. Ha detto solo di chiudere la caffettiera."
Io mi domando sempre come certa gente riesca a partire da Paesi magari lontanissimi, attraversare intere latitudini, e arrivare sana e salva fin qui. Benedetto figliolo...
"Ma se non la mette sul fuoco, come pensa che possa uscire il caffè?"
Eric è quasi scandalizzato dalla mia mancanza di precisione. "Ma lei NON mi ha detto di accendere il fornello, e io non l'ho acceso!"
Non fa una piega. Ancora una volta, è colpa mia. Lo sanno tutti, del resto, che il caffè esce magicamente dalle caffettiere, le quali sono strumenti soprannaturali, erogatori di una pozione magica. Dev'essere una leggenda vichinga. Peggio per me che non la conoscevo.
Ma Eric ricompare, dopo un'altra mezz'ora. Il suo volto tradisce lo sconforto. "Nemmeno questa funziona."
"Ah, no, non è possibile, di questa sono certa. L'ho usata un'ora fa per colazione. Funziona perfettamente."
"Eppure, il caffè non è uscito." La delusione è palese. Il volto è quello di chi sospetta un complotto ai suoi danni.
"Vediamo. Ha messo l'acqua?"
"Sì."
"Ha messo il caffè? Ha chiuso la caffettiera? Ha avvitato forte?"
"Sì". E' quasi offeso che gli faccia queste domande.
"E poi, ha acceso il fornello?"
Eric mi guarda meravigliato. "No. Lei non mi ha detto niente riguardo al fornello. Ha detto solo di chiudere la caffettiera."
Io mi domando sempre come certa gente riesca a partire da Paesi magari lontanissimi, attraversare intere latitudini, e arrivare sana e salva fin qui. Benedetto figliolo...
"Ma se non la mette sul fuoco, come pensa che possa uscire il caffè?"
Eric è quasi scandalizzato dalla mia mancanza di precisione. "Ma lei NON mi ha detto di accendere il fornello, e io non l'ho acceso!"
Non fa una piega. Ancora una volta, è colpa mia. Lo sanno tutti, del resto, che il caffè esce magicamente dalle caffettiere, le quali sono strumenti soprannaturali, erogatori di una pozione magica. Dev'essere una leggenda vichinga. Peggio per me che non la conoscevo.
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